I Samburu del Nord Kenya , come molti altri popoli nomadi o seminomadi dell’ Africa , non hanno una tradizione scritta. La loro sapienza e la loro visione del mondo (cosmologia) viene trasmessa di generazione in generazione attraverso racconti , proverbi , detti , canti e riti di iniziazione. Gli anziani sono i pozzi di saggezza , dove i giovani possono attingere i segreti del buon comportamento che conduce alla sopravvivenza e alla prosperità della comunità. Gli anziani sono come una biblioteca vivente , costituita con lunghi anni di esperienza , con la riflessione sugli avvenimenti passati e presenti , con tante ore di discussione comunitaria. Tutto questo patrimonio di “filosofia” , se possiamo così chiamarlo , riflette la ricchezza spirituale dei Samburu. Essi non danno importanza solo all’ abbondanza di bovini e di figli , ma anche a una vita che sia basata sui valori della saggezza , generosità , rispetto di Dio e della gente. Essi ammirano di più una persona buona che una persona ricca.
La vita nomade e le condizioni del territorio infestato (almeno un tempo) da animali da preda , hanno fatto del Samburu un guerriero coraggioso e un campione di forza e di resistenza. Le sue uniche armi sono la classica lancia (mpere) con punta a forma di foglia lanceolata , la daga simile a quella dei Maasai , il Rungu (manganello) , lo scudo di pelle di bufalo o di giraffa (in genere a forma rettangolare lungo più di un metro e largo 30-40 cm) , arco , frecce e faretra. La dieta Samburu è quella classica dei popoli nomadi: il Saroi , cioè latte mescolato a sangue. A questo si aggiunge la carne , il miele selvatico , il burro....
Anche per i Samburu ogni occasione è buona per celebrare con cerimonie , danze , banchetti e sacrifici i vari momenti della vita. Già la nascita è occasione per piccole feste. Se la donna si dimostra sterile (una vera disgrazia o maledizione di Dio!), un ragazzo prepara un pupazzo di fango e durante la notte , coi suoi amici , lo porta alla donna , iniziando le benedizioni a gettando sterco di vacca contro la capanna della donna. Dopo una settimana ritorna alla capanna della donna e il marito uccide un bue. Dopo averlo consumato si mette un po' di grasso sul ventre della donna , dicendo: “Dio ti dia un figlio”. Il giorno della nascita si uccide un caprone , che viene mangiato dalla donna ad eccezione della nuova madre , che quel giorno digiuna. Le viene dato da bere soltanto sangue di bue se ha generato un maschio; di vacca se ha dato alla luce una femmina. Al quinto giorno sarà ucciso un bue (Lbutan) e lo potrà mangiare anche la nuova mamma. Il nome al neonato potrà essere dato da chiunque , anche dopo alcuni mesi.
Quando il guerriero è stanco o solitario, non sogna di donne e di uomini lontani: cerca chi gli sta accanto, e condivide il suo dolore o il suo bisogno di affetto, con piacere e senza colpa. Un guerriero sa che la stella più lontana dell'Universo si manifesta nelle cose che stanno intorno a lui.