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Evoluzione:uomo imparò da scimmie a stare su due piedi

Ultimo Aggiornamento: 06/06/2007 07:55
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01/06/2007 18:09
 
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1 giu 07 - P.D. Malloni
Secondo studio di ricercatori britannici.


1 giugno 2007 - Non e' stato l'uomo il primo bipede comparso sulla Terra, ma la capacita' di sostenersi su due zampe e' stata appresa in precedenza dalle scimmie. Lo sostengono in un articolo pubblicato su Science i ricercatori dell'universita' di Birmingham che, studiando una specie particolare di orango, hanno notato che questo animale si sposta tra gli alberi in posizione eretta.
La possibilita' di camminare su due zampe e' stata sempre ritenuta un segno della transizione evolutiva tra le scimmie antropomorfe e gli ominidi. Secondo le teorie tradizionali, quando la scimmia e' 'discesa dagli alberi' camminava a quattro zampe, e solo in seguito, con la trasformazione in ominidi, e' iniziata anche la camminata 'moderna'. I ricercatori britannici hanno studiato per un anno il comportamento degli oranghi dell'isola di Sumatra per verificare la loro teoria, secondo cui le scimmie che vivevano sugli alberi ottenevano un vantaggio nell'imparare a muoversi su due zampe. Il risultato di piu' di 2.800 osservazioni e' stato che il 70% degli oranghi si spostava tra gli alberi sulle due zampe inferiori, utilizzando le altre due per afferrarsi piu' saldamente ai rami piu' piccoli.
'Questo risultato - spiega Susan Thorpe, che ha coordinato lo studio - dimostra che il sapere come muoversi su due zampe ha dato agli oranghi un vantaggio evolutivo notevole perche' li rendeva piu' capaci di muoversi anche fra i rami piu' piccoli'.
Secondo i ricercatori le scimmie hanno sviluppato la locomozione su due zampe perche' massimizzava la stabilita', permettendo loro di afferrare con i piedi prensili piu' rami contemporaneamente lasciando pero' le 'mani' libere per fare da contrappeso. Secondo questa teoria non sarebbero stati piu' gli ominidi i primi a camminare in posizione eretta, ma le scimmie loro progenitrici: sono loro che sono scese dagli alberi gia' camminando su due zampe per cominciare a nutrirsi di cio' che cresceva sul terreno. A spingerle, secondo i ricercatori, potrebbero essere stati i cambiamenti climatici avvenuti nel Miocene, circa cinque milioni di anni fa, che hanno reso le foreste in Africa piu' rade e frammentate.
In queste condizioni, scrivono gli autori nell'articolo, i progenitori dei gorilla hanno sviluppato l'abilita' di salire e scendere dagli alberi e quindi hanno mantenuto le strutture ossee necessarie a camminare a quattro zampe.
Al contrario, gli ominidi hanno preferito adattarsi sempre di piu' alla posizione eretta, rinunciando alla possibilita' di salire e scendere velocemente sugli alberi per poter sfruttare il potenziale dell'ambiente al suolo.
'La nostra conclusione e' che l'abilita' di camminare con due zampe sugli alberi offre un grosso vantaggio adattativo - spiega ancora Thorpe - che puo' spiegare agevolmente come i nostri antenati hanno abbandonato la posizione quadrupede per quella bipede'.
Pier David Malloni (ANSA)

www.animalieanimali.it

Guardavo quei bei pesci muoversi nell'acqua, guardavo i maialini appesi agli uncini e pensavo a come, a parte la miseria e la fame, l'uomo ha sempre trovato strane giustificazioni per la sua violenza carnivora nei confronti degli altri esseri vienti. Uno degli argomenti che vengono ancora usati in Occidente per giustificare il massacro annuo di centinaia di milioni di polli, agnelli, maiali e bovi è che per vivere si ha bisogno di preteine. E gli elefanti? Da dove prendono le proteine gli elefanti?
- Tiziano Terzani, "Un altro giro di giostra"
05/06/2007 19:10
 
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Oltre che a camminare su due gambe gli uomini potrebbero imparare tantissime altre cose dai loro fratelli animali
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Post: 278
Sesso: Femminile
06/06/2007 07:55
 
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Infatti. Ed è anche inutile ribadire che dal punto di vista evolutivo, gli dobbiamo molto.

Eppure non ne abbiamo nessun rispetto.
Dovremmo imparare dai saggi indiani la riconoscenza e il rispetto per queste creature, anche se non possono capirci.
E non il "gradassismo" con cui li trattiamo spesso e volentieri, nell'errata consapevolezza che siano più deboli di noi e, di conseguenza, inferiori.

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