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Nell'ospedale degli animali tra cuccioli e giovani veterinari!

Ultimo Aggiornamento: 09/02/2010 16:00
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Sesso: Femminile
17/01/2010 13:17
 
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E scusate se è poco... e se ne vado tanto orgogliosa.
Aperto 24 ore su 24 (e senza fondi), funziona grazie a prof e ricercatori. Lavoro premiato dal Censis

Ecco l’ospedale degli animali, dove si formano i futuri veterinari. Fin dal primo anno gli studenti hanno alcuni contatti con i loro pazienti a quattro zampe, nel campus di Ozzano Emilia, la prima facoltà di Veterinaria in Italia secondo il Censis, fiore all’occhiello dell’Alma Mater. Funziona come un normale nosocomio (più o meno), ma non ha convenzioni con il servizio sanitario nazionale (e quindi neppure i soldi) e ai dottorandi non è possibile neppure fare borse di studio. Dunque funziona grazie ai medici-professori strutturati e alla buona volontà di specializzandi e dottorandi (assegnisti e contrattisti si dividono in genere i turni di notte) oltre che degli studenti in formazione. È aperto 24 ore su 24, anche agli animali dei privati (si pagano tariffe leggermente superiori a quelle stabilite dall’Ordine). Gli studenti vivono come in un campus e l’80 per cento dei professori è presente 8-10 ore al giorno, una rarità nell’accademia italiana.

L'ospedale degli animali



LA STRUTTURA - All’ingresso ci sono gli ambulatori per le prime visite. Più avanti la sala dove nascono i cavalli: ora è vuota, le gravidanze sono in primavera. Nel reparto malattie infettive sono ricoverati alcuni cuccioli con gastroenterite virale. Le degenze sono divise tra cani e gatti, e i posti letto sono ovviamente gabbie di varie dimensioni. «Questo è il luogo dove gli studenti, con la supervisione dei medici, cominciano a confrontarsi con la gestione dell’animale», spiega Gualtiero Gandini, che da tre anni presiede la commissione didattica. Non può mancare la stalla, dove risiedono alcuni bovini, «non sono ammalati — chiarisce il professore —, sono qui per esercitazione, gli studenti imparano ad esempio ad auscultare i polmoni o a fare esplorazioni rettali per diagnosi di gravidanza. C’è anche una stalla sperimentale di facoltà con 80 vacche, data in gestione con un appalto, dove gli studenti imparano aspetti della produzione animale, della zootecnia, del razionamento del mangiare».

I REPARTI - Tre sono le divisioni dell’ospedale: la medicina interna, l’ostetricia e la chirurgia. C’è un piccolo pronto soccorso per animali di grossa taglia: Alessandro Spadari, docente di clinica chirurguca, e un gruppo di cinque studenti, che lavorano insieme per quindici giorni, stanno aspettando l’arrivo di un cavallo con colica. Alcuni box accolgono invece i cavalli in convalescenza: nel numero 4 c’è Pastel, che ha fatto parte della squadra olimpica di salto della Slovenia ad Atene, reduce prima da un intervento per colica e poi da un’ernia, nel numero 3 c’è invece un narcolettico, «in certe situazioni emozionali va giù e si addormenta», spiega Spadari. Al primo piano ecco la sala operatoria con cinque tavoli diversi. Attorno ad ognuno il chirurgo, circondato da gruppetti di studenti e specializzandi: si fa dall’oftalmogia alla neurochirurgia, dall’ortopedia e videochirurgia agli interventi ai tessuti molli, fino all’endoscopia. Quello di Veterinaria è dunque un ospedale in tutto e per tutto, con la certificazione europea Eaeve come l’intera facoltà, ma ben lontano dai livelli europei ed americani.

IL PERSONALE - «Mancano infermieri veterinari e il personale è troppo poco — spiega Gandini — senza considerare che non possiamo contare su risorse per avere attrezzature adeguate, ma questa è la situazione in tutte le facoltà italiane». Bologna sta facendo però passi da gigante nella didattica, un lavoro immenso premiato dalle valutazioni del Censis. «Portiamo i ragazzi nell’ospedale già dal primo anno per evitare di fare solo della gran teoria — racconta Gandini —, abbiamo inserito un coordinatore per ogni anno, per valutare problemi e criticità nei vari anni di corso di studio, e stiamo cercando di introdurre una didattica pratica integrata». L’obiettivo è far interagire i diversi specialisti su un singolo tema, «non nascondo che ci sono delle difficoltà, per la riluttanza di alcuni», ammette il docente. Lo sforzo che sta tentando Gandini, ovviamente con il supporto del preside Santino Prosperi, è di far cambiare marcia all’insegnamento, per renderlo più efficace. «Siamo partiti da alcuni seminari sul tema "Imparare a insegnare", apprezzati da una parte importante dei docenti», conclude Gandini. I prossimi incontri sono a gennaio. Per apprendere come tenere l’attenzione, come muovere il corpo durante la lezione, come usare gli audiovisivi.

Marina Amaduzzi
28 dicembre 2009
Corriere di Bologna



Spuntarono le prime stelle. Non sapeva che si chiamava Rigel, ma la vide. E sapeva che presto sarebbero spuntate tutte e che ci sarebbero stati tutti i suoi amici lontani. "Anche il pesce è mio amico"disse ad alta voce. "Non ho mai visto e mai sentito parlare di un pesce simile. Ma devo ucciderlo. Sono contento che non dobbiamo cercare di uccidere le stelle". Pensa se ogni giorno un uomo dovesse cercare di uccidere la luna, pensò. La luna scappa. Ma pensa se ogni giorno uno dovesse cercare di uccidere il sole...siamo nati fortunati, pensò. Poi gli dispiacque che il grosso pesce non avesse nulla da mangiare e il dispiacere non indebolì mai la decisione di ucciderlo. A quanta gente farà da cibo, pensò. Ma sono degni di mangiarlo? No, no di certo. Non c'è nessuno degno di mangiarlo, con questo suo nobile contegno e questa sua grande dignità.
Non capisco queste cose, pensò. Ma è una fortuna che non dobbiamo cercare di uccidere il sole o la luna o le stelle.

Basta già vivere sul mare e uccidere i nostri veri fratelli.
E. Hemingway, "Il vecchio e il mare"



Quando brillava il vespero vermiglio,
e il cipresso parea oro, oro fino,
la madre disse al piccoletto figlio:
"Così fatto è lassù tutto un giardino".
Il bimbo dorme e sogna i rami d'oro,
gli alberi d'oro, le foreste d'oro,
mentre il cipresso nella notte nera
scagliasi al vento, piange alla bufera
Giovanni Pascoli



Da bambino volevo guarire i ciliegi
quando, rossi di frutti, li credevo feriti
la salute per me li aveva lasciati
coi fiori di neve che avevan perduti...
e un sogno fu un sogno ma non durò poco
per questo giurai che avrei fatto il dottore
e non per un Dio ma nemmeno per gioco,
perchè i ciliegi tornassero in fiore,
perchè i ciliegi tornassero in fiore
F. de Andrè

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