00 16/04/2007 22:08
Re:

Scritto da: Akela il solitario 16/04/2007 20.10
Il libro che mi ha chiamato è "Gatti d'autore" una raccolta di storie di gatti scritte da diversi autori.
La storia da cui sono tratte le tre frasi si chiama "La pelliccia".

"Dannazione", pensai. "Perché adesso? Perché per amor del cielo, deve diventare così mite e farmi sentire un vero mascalzone...?"

Il pratica il racconto parla di un uomo che geloso delle troppe attenzioni date dalla moglie alla gatta decide di far fuori la povera felina, convinto che il rapporto si sarebbe rinsaldato. La moglie però dopo la morte della gatta inizia a cambiare, sembra cambiare atteggiamento, adottare un comportamento quasi felino. Inizia ad avere alcuni disturbi psicologici, esce di notte attorno a casa sua passeggiando nel boschetto con indosso una pelliccia bianca. Intanto il marito insoddisfatto della piega presa dalla situazione e attratto da un'altra donna, inizia premetitare la morte della consorte. Una sera sapendo che la moglie passeggiava ai bordi di una cava e sapendo che la cosa si sapeva in giro decide di buttarla giù, simulando un incidente.
Beh, alla fine dopo la morte della moglie inizia ad avere allucinazioni, di notte vede la sagoma della pelliccia bianca attorno a casa e ne avverte la presenza in camera. Il tipo si abitua alla cosa ed inizia a vivere isolato dal mondo, nella sua villa per far sì che il fantasma non si adiri...
Quando lessi questo racconto ebbi un senso di malinconia, non mi piacque molto, è narrato in prima persona dal protagonista, da questo punto di vista lui non sembra aver problemi psicologici, ma si avverte una grande freddezza ed egoismo in lui.


Non leggere "Il gatto nero" di Edgar Allan Poe...fa venire i brividi, e a me l'horror di solito piace. Mi piace anche questo racconto, ma spiega troppo bene come fa un umano a rendersi capace del maltrattamento e dell'uccisione di un animale...te lo menziono perchè il racconto che dici tu per molti versi gli somiglia...



Spuntarono le prime stelle. Non sapeva che si chiamava Rigel, ma la vide. E sapeva che presto sarebbero spuntate tutte e che ci sarebbero stati tutti i suoi amici lontani. "Anche il pesce è mio amico"disse ad alta voce. "Non ho mai visto e mai sentito parlare di un pesce simile. Ma devo ucciderlo. Sono contento che non dobbiamo cercare di uccidere le stelle". Pensa se ogni giorno un uomo dovesse cercare di uccidere la luna, pensò. La luna scappa. Ma pensa se ogni giorno uno dovesse cercare di uccidere il sole...siamo nati fortunati, pensò. Poi gli dispiacque che il grosso pesce non avesse nulla da mangiare e il dispiacere non indebolì mai la decisione di ucciderlo. A quanta gente farà da cibo, pensò. Ma sono degni di mangiarlo? No, no di certo. Non c'è nessuno degno di mangiarlo, con questo suo nobile contegno e questa sua grande dignità.
Non capisco queste cose, pensò. Ma è una fortuna che non dobbiamo cercare di uccidere il sole o la luna o le stelle.

Basta già vivere sul mare e uccidere i nostri veri fratelli.
E. Hemingway, "Il vecchio e il mare"



Quando brillava il vespero vermiglio,
e il cipresso parea oro, oro fino,
la madre disse al piccoletto figlio:
"Così fatto è lassù tutto un giardino".
Il bimbo dorme e sogna i rami d'oro,
gli alberi d'oro, le foreste d'oro,
mentre il cipresso nella notte nera
scagliasi al vento, piange alla bufera
Giovanni Pascoli



Da bambino volevo guarire i ciliegi
quando, rossi di frutti, li credevo feriti
la salute per me li aveva lasciati
coi fiori di neve che avevan perduti...
e un sogno fu un sogno ma non durò poco
per questo giurai che avrei fatto il dottore
e non per un Dio ma nemmeno per gioco,
perchè i ciliegi tornassero in fiore,
perchè i ciliegi tornassero in fiore
F. de Andrè