Figurati! Ultimamente proprio per il blog mi ero messa a cercare e ne avevo trovate un po'. Ora faccio qualche copia-incolla, spero di non annoiarvi...
Cominciamo. Questa poesia l'avevo letta per sbaglio anni fa e l'ho cercata da una vita, non riuscivo a trovarla. E' una delle opere giovanili di Montale... non è grandiosa, ma siccome adoro Montale è bellissimo leggere che... i ricordi della sua infanzia sono legati ad un cane...
NEI MIEI PRIMI ANNI-Eugenio Montale
Nei miei primi anni abitavo al terzo piano
e dal fondo del viale di pitòsfori
il cagnetto Galiffa mi vedeva
e a grandi salti dalla scala a chiocciola
mi raggiungeva. Ora non ricordo
se morì in casa nostra e se fu seppellito
e dove e quando. Nella memoria resta
solo quel balzo e quel guaito né
molto di più rimane dei grandi amori
quando non siano disperazione e morte.
Ma questo non fu il caso del bastardino
di lunghe orecchie che portava un nome
inventato dal figlio del fattore
mio coetaneo e analfabeta, vivo
meno del cane, e strano, nella mia insonnia.
Questa poesia invece la sanno in molti... è Catullo che piange la morte del passerotto della sua amata, è catullo che canta la morte, la profonda ingiustizia che c'è nel doversi separare da chi si ama.
E voi piangete, veneri ed amori (Catullo)
E voi piangete, Veneri ed Amori,
e voi che più avete gentilezza,
morto è il passero della mia fanciulla,
il passero, gioia della mia fanciulla,
da lei amato più degli occhi suoi
tanto era dolce: la riconosceva
come una figlia piccola la madre
e mai s’allontanava dal suo grembo,
ed a piccoli salti qua e là intorno
verso lei sola sempre pigolava.
E ora va per la strada buia, laggiù,
di dove, dicono, non torni alcuno.
Maledette, voi malefiche tenebre
dell’Orco che divorate le cose
più belle: mi avete portato via
un passero bellissimo: che perfida
crudeltà! O povero piccolo passero!
E per te gli occhi della mia fanciulla
si gonfiano e s’arrossano di pianto.
E chi di voi sapeva che Federico Garcia Lorca, una volta, si è fermato ad osservare una lucertola...per tirarne fuori una poesia tanto bella?
La lucertola vecchia (Federico Garcia Lorca)
Sul sentiero bruciato
ho visto il buon lucertolone
(goccia di coccodrillo)
meditare.
Con la sua verde sottana
di abate del diavolo,
il colletto inamidato
e il portamento corretto,
ha un'aria molto triste
da vecchio professore.
Quegli occhi rinsecchiti
di artista fallito,
come guardano la sera
morente!
È questa la sua passeggiata
crepuscolare, amico?
Usate il bastone, ormai siete
troppo vecchio, don Lucertolone,
e i bambini del paese
vi possono spaventare.
Che cosa cercate sul sentiero,
filosofo orbo,
se il fantasma indeciso
della notte d'agosto
ha rotto l'orizzonte?
Cercate l'azzurra elemosina
del cielo moribondo?
Un centesimo di stella?
O forse
studiate un libro
di Lamartine e vi piaccion
i trilli argentini
degli uccelli?
(Guardi il sole calante,
e i tuoi occhi brillano,
o drago delle rane!
con un fulgore umano
Le gondole senza remi
delle idee passano
l'acqua tenebrosa
delle tue iridi bruciate.)
Forse vieni a cercare
la bella lucertola,
verde come le messi
di maggio,
come le chiome
delle fonti addormentate,
che ti ha disprezzato
e ha lasciato il tuo campo?
O dolce idillio spezzato
sui freschi giunchi!
Ma vivere! che diavolo!
mi siete simpatico.
La frase: "Mi oppongo
al serpente" trionfa
nel vostro gran mento
di arcivescovo cristiano.
Già è svanito il sole
sulla cima del monte
e le greggi
ingombrano la strada.
È ora di andarsene,
lasciate l'angusto sentiero
e non seguitate
a meditare.
Avrete tutto il tempo
di guardare le stelle
quando tranquillamente i vermi
vi mangeranno.
Tornate a casa vostra
sotto il paese dei grilli!
Buonanotte,
caro don Lucertolone.
La campagna è deserta,
i monti sono spenti
ed è vuota la strada:
solo di quando in quando
un cuculo canta
nell'ombra dei pioppi.
Personalmente ho trovato stupenda anche questa poesia di Palazzeschi. E' dedicata ad un pappagallo. Un pappagallo che tace, un pappagallo che non vuole cantare. Come si può restare indifferenti ad una cosa tanto triste?
Il pappagallo (Aldo Palazzeschi)
La bestia ha le piume di tanti colori
che al sole rilucon cangiando.
Su quella finestra egli sta da cent’anni
guardando passare la gente.
Non parla e non canta.
La gente passando si ferma a guardarlo,
si ferma parlando fischiando e cantando,
ei guarda tacendo.
Lo chiama la gente,
ei guarda tacendo.
Celeberrima e incommentabile la poesia di Vincenzo Cardarelli...quando le parole possono farti volare...
I gabbiani (Vincenzo Cardarelli)
Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro,
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch’essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.
Bhè... e questa? questa è una delle poesie più belle che abbia letto. Questa è famosa... ma la si legge mai attentamente? tutto il dolore del mondo, nel belato di una capra legata...
La capra (Umberto Saba)
Ho parlato a una capra.
Era sola sul prato, era legata.
Sazia d’erba, bagnata
dalla pioggia, belava.
Quell’uguale belato era fraterno
al mio dolore. Ed io risposi, prima
per celia, poi perché il dolore è eterno,
ha una voce e non varia.
Questa voce sentiva
gemere in una capra solitaria.
In una capra dal viso semita
sentiva querelarsi ogni altro male,
ogni altra vita.
Arriviamo al grande Baudelaire... che in diverse poesie ha paragonato la sua amata ad un gatto. Il paragone donna-gatto è uno di quelli che mi affascinano di più (sarà che i gatti sono tanto diversi da me?)...ecco la poesia più bella e più famosa su un gatto (che è stata rovinata da una pubblicità di cibo per gatti non molto recente
).
Il gatto (Charles Baudelaire)
Vieni sul mio cuore innamorato, mio bel gatto:
trattieni gli artigli della zampa,
e lasciami sprofondare nei tuoi occhi belli
misti d’agata e metallo.
Come s’inebria di piacere la mia mano
palpando il tuo elettrico corpo
con le dita che tranquille ti accarezzano
la testa e il dorso elastico!
E penso alla mia donna, a quel suo sguardo
come il tuo, amabile bestia,
freddo e profondo che taglia e fende come freccia,
e a quell’aria, a quel profumo
che pericoloso fluttua sul suo corpo
dai piedi su fino alla testa!
Dolcissima, meravigliosa questa poesia di Emily Dikinson... che si preoccupa, dopo la sua morte, del pettirosso a cui dava le briciole, e gli assegna un'eredità di immenso valore...
Se più non fossi viva (Emily Dikinson)
Se più non fossi viva
quando verranno i pettirossi,
date a quello con la cravatta rossa
per ricordo una briciola.
Se non potessi ringraziarvi
perché immersa nel sonno,
sappiate che mi sforzo
con le mie labbra di granito!
E questa è una poesia che parla di una creatura selvaggia imprigionata. Una poesia che parla di una regina in gabbia, ormai rassegnata...Non conosco chi ne ha colto e cantato il dolore... ma la poesia è davvero bellissima.
La pantera (Rainer Maria Rilke)
Dal va e vieni delle sbarre è stanco
l'occhio, tanto che nulla più trattiene.
Mille sbarre soltanto ovunque vede
e nessun mondo dietro mille sbarre.
Molle ritmo di passi che flessuosi e forti
girano in minima circonferenza,
è una danza di forze intorno a un centro
ove stordito un gran volere dorme.
Solo dalle pupille il velo a volte
s'alza muto-. Un'immagine vi penetra,
scorre la quiete tesa delle membra-
e nel cuore si smorza.
Ok... per oggi basta. Ma non ho mica finito eh?
Spuntarono le prime stelle. Non sapeva che si chiamava Rigel, ma la vide. E sapeva che presto sarebbero spuntate tutte e che ci sarebbero stati tutti i suoi amici lontani. "Anche il pesce è mio amico"disse ad alta voce. "Non ho mai visto e mai sentito parlare di un pesce simile. Ma devo ucciderlo. Sono contento che non dobbiamo cercare di uccidere le stelle". Pensa se ogni giorno un uomo dovesse cercare di uccidere la luna, pensò. La luna scappa. Ma pensa se ogni giorno uno dovesse cercare di uccidere il sole...siamo nati fortunati, pensò. Poi gli dispiacque che il grosso pesce non avesse nulla da mangiare e il dispiacere non indebolì mai la decisione di ucciderlo. A quanta gente farà da cibo, pensò. Ma sono degni di mangiarlo? No, no di certo. Non c'è nessuno degno di mangiarlo, con questo suo nobile contegno e questa sua grande dignità.
Non capisco queste cose, pensò. Ma è una fortuna che non dobbiamo cercare di uccidere il sole o la luna o le stelle.
Basta già vivere sul mare e uccidere i nostri veri fratelli.
E. Hemingway, "Il vecchio e il mare"
Quando brillava il vespero vermiglio,
e il cipresso parea oro, oro fino,
la madre disse al piccoletto figlio:
"Così fatto è lassù tutto un giardino".
Il bimbo dorme e sogna i rami d'oro,
gli alberi d'oro, le foreste d'oro,
mentre il cipresso nella notte nera
scagliasi al vento, piange alla bufera
Giovanni Pascoli
Da bambino volevo guarire i ciliegi
quando, rossi di frutti, li credevo feriti
la salute per me li aveva lasciati
coi fiori di neve che avevan perduti...
e un sogno fu un sogno ma non durò poco
per questo giurai che avrei fatto il dottore
e non per un Dio ma nemmeno per gioco,
perchè i ciliegi tornassero in fiore,
perchè i ciliegi tornassero in fiore
F. de Andrè