12 febbraio 2008 - La storia (se è vera) è di quelle da fare accapponare la pelle. Raccapricciante. Animali acquistati all'estero a prezzi stracciati, malati, e venduti, poi, a ignari acquirenti, previa (pare) predisposizione di certificati appositi da veterinari appositamente compiacenti.
La Giustizia (penale) sta facendo il suo corso, e confidiamo che, se illecito vi è, ad esso segua la giusta punizione. Altro e diverso problema è invece quello del danno ingiusto patito dagli acquirenti dei cuccioli ammalati, e venduti come sani.
Ogni illecito penale è, infatti, anche un illecito civile produttivo di danno ingiusto risarcibile.
Ed al Giudice civile può essere richiesto un accertamento (tecnicamente definito “incidentale”) in merito alla astratta sussistenza, nel caso di specie, degli estremi dell'illecito penale, senza che questo accertamento interferisca con quello che deve essere compiuto dal Giudice penale, ma finalizzandolo esclusivamente alla concessione di un risarcimento.
Senza entrare nel merito del concetto di “acquisto” di animale (l'opinione di chi scrive, sul punto, è oramai piuttosto nota), chi ha acquistato un animale auspicandone la buona salute ha diritto al risarcimento del danno subito.
E in questo caso il risarcimento del danno (per gli elementi di particolare gravità e di volontarietà che contraddistinguono il caso) rischia di superare, e non di poco, le tradizionali “soglie” risarcitorie del Giudice di Pace, per approdare al diverso vaglio delle aule del Tribunale.
Vediamo perché. In primo luogo è risarcibile (quantomeno in parte, posto che vi è da auspicare che il cucciolo venga tenuto, e non restituito) una quota parte del “prezzo” corrisposto per l'acquisto dell'animale.
Sono altrettanto certamente risarcibili le spese veterinarie affrontate (o parte di esse, finché il Codice Civile considererà ancora l'animale una “cosa”, ritenendo irrisarcibili le spese di conservazione ritenute “eccessive rispetto al valore della 'cosa'”).
Sono poi risarcibili due profili di danno extracontrattuale: il danno morale (meglio: non patrimoniale) da reato e il danno esistenziale.
Il primo è il danno che viene risarcito tutte le volte che (e solo le volte che) vi è un reato.
E' un profilo di danno che viene riconosciuto in ragione della “sofferenza” in sé che un reato genera alla vittima. Viene liquidato equitativamente dal Giudice in funzione di parametri penalistici (per l'art. 133 codice penale, il tipo di condotta, la intensità del dolo, la gravità della colpa, le condizioni economiche del colpevole, ecc.).
Il secondo, invece, è il danno “da modificazione peggiorativa della qualità della vita”. Presuppone, dunque, la dimostrazione che a seguito dei fatti di causa la vita del danneggiato è effettivamente mutata (se ne può fornire la prova, ad esempio, per testimoni).
Come già sostenuto anche dalle pagine di questo sito, infatti, talora (specie per soggetti in grado di compiere illeciti anche efferati) la punizione peggiore è quella del portafoglio. Giovanni Adamo
Giovanni Adamo è avvocato e Cultore della Materia di Diritto Civile nell’Università di Bologna