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Animali marcati a fuoco? Altro che cultura

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    Akela il solitario
    Post: 4.085
    Sesso: Maschile
    00 07/04/2008 18:45
    "ANIMALI MARCATI A FUOCO? ALTRO CHE CULTURA"
    Lettera aperta dalla Tuscia.

    7 aprile 2008 - In questi giorni si ripetono ritualità legate ai festeggiamenti per la rinascita primaverile e alle tradizioni agricole della Maremma. Fra queste vi è la marcatura a fuoco del bestiame che sta avendo luogo anche nelle terre della locale Università Agraria tarquiniese.
    Potrebbe sembrare che tutta la cittadinanza si esprima favorevolmente verso questo tipo di pratica e verso la sua esaltazione ma in realtà non è così: noi desideriamo esprimere le ragioni della nostra contrarietà.

    Tale tradizione viene spesso ritenuta sinonimo di cultura, intesa nel suo significato umanistico ed antropologico, ma, se così fosse, tutte le tradizioni dovrebbero, per similitudine, definirsi attività culturali. Eppure, per fortuna, i due termini non sono intercambiabili. Per le culture occidentali, ad esempio, non è ammissibile la pratica dell’infibulazione, mentre resta ancorata alle ritualità e alle culture arcaiche sopravvissute in alcune aree del mondo. Così, oggi, noi non inchiodiamo più scaramanticamente animali vivi all’uscio di casa né accettiamo che si accechino gli uccelli da richiamo per farli cantare anche fuori stagione; ciò si verifica perché, malgrado superstizione e caccia ancora sopravvivano, seviziare un animale è ritenuto, a priori, un atto ingiustificabile.

    Insomma, se le tradizioni restano immutabilmente tali, la cultura, invece, si rinnova, assoggettata allo scorrere del tempo, all’ampliarsi delle conoscenze, alle variazioni di costume e della morale.

    Non volendo addentrarci nell’uso del ferro rovente come strumento di marcaggio e assoggettamento storicamente utilizzato sugli schiavi, i ladri, i detenuti, i diversi, gli eretici, ci atterremo all’uso che se ne continua a fare sugli animali.

    Nel Regno Unito, ad esempio, la marchiatura a fuoco di animali è vietata, così come altre tradizioni cruente e ritenute ormai facenti parte di abitudini non più in sintonia con i costumi della società.

    D’altra parte l’uso del ferro arroventato per segnare un animale è ormai andato in disuso anche a seguito dell’accesso diffuso alle nuove tecnologie. Nelle pratiche di allevamento allo stato brado allo scopo di controllare e tutelare gli animali dall’abigeato, ad esempio, si ricorre oggi preferibilmente ai sistemi elettronici: microchip stomacale con rilevazione satellitare correlato ad “orecchini” facilmente leggibili a distanza. Il metodo è mutuato da sistemi consolidati e in uso in ambito scientifico, dove risulti necessario monitorare costantemente singoli individui o gruppi di animali liberi di muoversi anche su grandi distanze. La necessità oggettiva, quindi, di mantenere tale pratica non c’è; anzi, la crescente richiesta di tutela anche nei confronti dei consumatori di carne impone altri metodi di controllo dei capi.

    Come ci scrive Enrico Moriconi, presidente dell’Associazione nazionale Medici Veterinari per i Diritti degli Animali, “La bruciatura ha sulla pelle l’effetto di eliminare i bulbi piliferi e distruggere lo strato del derma che viene sostituito da tessuto connettivo con caratteristiche diverse dalla pelle. Per avere l’effetto desiderato di durata nel tempo, la bruciatura deve arrivare almeno fino alla strato del derma, dove risiedono sia i bulbi piliferi che le terminazioni nervose. Quindi fatalmente l’ustione provocata è percepita come dolorosa dagli animali. Per dare un esempio della gravità della bruciatura inferta si deve, poi, ricordare che il livello dell’ustione è classificabile come di terzo grado, cioè il più grave nella catalogazione normalmente utilizzata per le bruciature. Lo spasimo provocato, inoltre, è aggravato dal tempo di applicazione del marchio infuocato, che deve essere sufficientemente lungo per poter ledere il derma”. Le lesioni provocate dall’ustione, inoltre, sono sempre possibile fonte di infezioni e infestazioni secondarie.

    In favore della “merca” rimangono, quindi, le ragioni di chi la assimila, appunto, ad un evento culturale. Eppure gli eventi cruenti non accidentali, inflitti e non scelti, non sono oggi ritenuti socialmente accettabili. Braccare un animale, isolarlo dal suo gruppo, legarlo, sbatterlo a terra, torcergli le parti del corpo per fargli male e costringerlo a subire il dolore, urlargli contro in gruppo e marchiarlo a fuoco non è ragionevolmente considerabile come uno spettacolo incruento.

    E’, invece, una lunga e ininterrotta narrazione violenta e angosciosa di cui resta a noi incomprensibile, addirittura odiosa, certamente penosa, ogni esaltazione.

    Il tatuaggio con il fuoco, poi, si svolge in uno spazio pubblico dove anche i minori vi possono assistere. Eppure anche dal punto di vista educativo, non da ieri, pedagoghi e psicologi dell’età evolutiva, criminologi e sociologi richiamano l’attenzione sulla significatività degli atti violenti mossi contro gli animali quali chiari segnali di disagio sociale e premonitori di comportamenti pericolosi per la collettività e chiedono a tutte le parti sociali di non ignorarli. A tale proposito, nel Documento degli Psicologi sugli zoo, le sagre, i circhi con animali, attualmente sottoscritto da 550 professionisti si legge “Non insegnare ai bambini ad amare e rispettare gli animali è una vera e propria lacuna educativa, di cui si è soliti sottostimare le conseguenze nella vita adulta, soprattutto nella capacità di relazionarsi con gli altri. Troppo spesso s’incoraggiano i bambini a provare piacere e a divertirsi guardando un animale che soffre. Basti pensare alle numerose sagre di paese in Italia dove gli animali sono maltrattati, se non addirittura uccisi, sotto gli occhi divertiti delle persone.

    “Questi contesti – sostiene nei suoi scritti Ilaria Marucelli, responsabile Settore Educazione LAV - ostacolano lo sviluppo dell’empatia, che è un fondamentale momento di formazione e crescita. È l’adulto che suggerisce al bambino che cosa è buono e cosa non lo è. Sottovalutando la sofferenza animale e in alcuni casi addirittura mostrandola come un momento da cui trarre piacere, insegniamo ai bambini a non vedere, a non capire, a non farsi carico delle visibili sofferenze degli altri. Il risultato è un’educazione all’insensibilità, a non riconoscere nell’altro da sé i segnali di dolore, a ritenere normali le manifestazioni di dominio del più forte sul più debole”.

    La nostra società è caratterizzata da dinamiche competitive e da rapporti di potere in cui alla base della piramide sociale ci sono gli individui più deboli, più trascurati, più disprezzati, con meno diritti o nessun diritto. Tra questi soggetti si collocano gli animali. L’assumere un atteggiamento empatico nei loro confronti, il preoccuparsi per il loro benessere, il prendersi cura di loro, implica il sovvertimento di un modello culturale che assimila la prepotenza all’essere vincente e giusto. Non è un caso che anche secondo il Ministero della Pubblica Istruzione il rispetto degli animali e un corretto approccio nei rapporti con gli stessi vada inserito nell’ambito delle attività di educazione alla convivenza civile e di educazione ambientale.

    Come cittadini crediamo che la società possa migliorare solo maturando solidarietà e compassione per i più deboli e ci aspettiamo che le cerimonie della vita che rinasce abbiano solo a mostrarsi in modo gioioso, sereno e non più violento.

    Ilenia Buzzi
    Christiana Soccini – Sede LAV, Tarquinia
    Agata Tricomi
    Valentina Buzzi
    Giuseppa Tricomi
    Marco Pansera
    Roberto Andreani
    Marco Giannoni
    Alessandro Faluschi
    Cinzia Giannoni
    Claudia Ciccioli
    Elda Venturi
    Vincenzo Ferri
    Maria Bonini
    Sergio Giannoni
    Giovanni Soccini
    Maria Noventa
    Irene Bruno
    Stefania Cecconi
    Francesco Bonini
    Alice Manenti

    "La vera bellezza non si percepisce con gli occhi, ma col cuore"


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    ciuteina
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    Sesso: Femminile
    00 08/04/2008 12:20
    Ho sempre pensato che la marchiatura a fuoco degli animali è una pratica barbara e insensata. L'unico senso che riesco a darvi, purtroppo, è quello della malsana tendenza, tipica nelle specie umana, di provare piacere nel far soffrire altri esseri viventi...Per il momento non cambierà le cose, questa lettera, ma è un pochino consolante vedere che ultimamente c'è qualcuno che si attiva almeno per dire che non è affatto d'accordo...