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Ombre Rosse e Nere - Seconda Parte


Importante, e merita di soffermarvisi sopra, è il film Sentieri Selvaggi di John Ford del 1956. E' il film più razzista che Ford abbia mai girato; interprete principale quel famoso John Wayne sempre bello e umano, in lotta con gli Indiani e con le sue contraddizioni, che alla fin fine ne fanno di lui un eroe e degli Indiani esseri corrotti e sanguinari.
Con questo e con altri films e fumetti, l'America fordiana ha bombardato le menti degli americani benpensanti. Ma non solo le loro, anche quelle menti delle frangie più emarginate: gli immigrati dei ghetti urbani, italiani, portoricani, ebrei, negri, tedeschi, dando ad essi un modo comune di vita e di pensiero che li portava a considerare e dividere l'Indiano cattivo da quello buono, compiangendoli entrambi, indignandosi e divertendosi al tempo stesso, ma alla fine solo per provare delle emozioni nuove che facevano di questo mito un richiamo alla conquista.
Erano i films di arrivano i nostri, e quanta gente e quanti bambini battevano le mani al sopraggiungere della cavalleria, e quanta gente e quanti bambini si addormentavano sognandosi nel personaggio depuratore e bello di John Wayne, personaggio sempre ben coordinato dalla presenza di una dolce e sottile fanciulla in cerca d'aiuto, caduta in mano degli Indiani o solamente paurosa e indifesa in una società fatta esclusivamente di uomini e di pistole, di ordine e di doveri, di saloon e di giochi a carte tra sceriffi corrotti e banditi condannati al capestro.
E' il caso di ricordare, tornando un po' indietro negli anni, il film di John Ford uscito nel 1939, Ombre Rosse, sempre impeccabilmente interpretato da John Wayne, considerato tra uno dei più classici western.
La figura del pellerossa quindi, è arrivata a noi un po' distorta e contorta, nelle storie che narravano sanguinosi massacri e scene di battaglie, che lo rendevano agli occhi de comune spettatore un "flagello di Dio", oppure come ingrediente folkloristico, in uno sfondo dove i personaggi recitano una storia a sè, fatta di trame semplici, ma dove il ruolo principale e la narrativa giustificano esclusivamente la figura del bianco nella lenta costruzione degli Stati Uniti d'America, ieri conquistatore oggi guerrafondaio.
Integrarsi o morire. Questa per molti registi e scrittori americani è stata la domanda che per anni si sono posti, ma come facilmente è imaginabile, la loro scelta è stata quella della più completa integrazione e da qui un lavoro ad uso e consumo di un potere precostituito, fatto di poco amore, ma di molta crudeltà. Un potere che non contento delle battaglie, delle sconfitte e dello sterminio degli Indiani, ha voluto discriminarli ed ucciderli culturalmente, e questo l'ha fatto con ogni mezzo che il potere gli consentiva.


Da:
"L'unico indiano buono è un indiano morto". Appunti e ricerche sul Popolo degli Uomini. - a cura del Collettivo Editoriale "Stampato in Proprio" - Roma