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Effetto Hachiko, gli «squali» in azione. Venditori senza scrupoli pronti a invadere il mercato con cuccioli di Akita, il cane protagonista del film di

MILANO - In Giappone è un eroe nazionale. E ora, grazie al film a lui dedicato che ha tra i protagonisti un mito hollywoodiano come Richard Gere, la sua storia sta facendo il giro del mondo. Hachiko è il cane fedele per antonomasia, l'amico per sempre, quello capace di aspettare per anni alla stazione del treno il ritorno del proprio padrone anche se poi non arriverà mai perché magari, come nella storia realmente accaduta negli anni Venti e a cui gli sceneggiatori si sono ispirati, nel frattempo è morto. Un esempio di affetto e di amore smisurato che ha spinto la Lega nazionale per la difesa del cane a patrocinare la pellicola, ora in programmazione in decine di sale in tutta Italia, perché questa vicenda «insegna agli uomini come e quanto l’amore di un cane può essere immenso, senza mezze misure e, soprattutto, senza alcuna finalità».

ARRIVANO GLI «SQUALI» - Ma come spesso accade quando un film di successo accende i riflettori su una particolare razza di cane - e nella fattispecie si parla dell'Akita Inu, un cane maestoso e nobile che vanta le proprie origini agli inizi del 1600 nell'omonima prefettura giapponese - il risvolto della medaglia è la speculazione che può nascere dall'entusiasmo e dall'innamoramento del pubblico. E purtroppo sta già accadendo, proprio come avvenne per i dalmata della «Carica dei 101», per i pastori tedeschi ispirati dal «Commissario Rex» o, negli Stati Uniti, per i chihuahua mostrati come accessori da Paris Hilton o Mickey Rourke e rilanciati da «Beverly Hills Chihuahua». A lanciare l'allarme è la Saki, ovvero la Sezione Akita Italia del Cirn (Club italiano razze nordiche), organismo nazionale in ambito Enci. «Arrivano richieste inaccettabili di squali approfittatori pronti a cavalcare l'onda del successo - si legge nel sito web dell'associazione -. Persone che chiedono coppie di Akita proponendo la divisione dei guadagni; altri che cercano il maschio da far accoppiare con la femmina del parente o del vicino; o, addirittura, chi chiede anche il padre della stessa femmina, purché ci sia un maschio che la monti e le faccia sfornare cuccioli che possono portare guadagno». Gli ammiccamenti sono incominciati già all'indomani del 17 ottobre, quando il film venne presentato alla Festa del cinema di Roma. Ma ora, sulla scia del grande consenso che la pellicola sta ottenendo - ci sono già gruppi di fan su Facebook e diverse iniziative, tra cui un concorso fotografico a premi per tutti i possessori di Akita - il timore è che la speculazione attorno a questa razza raggiunga livelli insostenibili.

IL TRAFFICO DALL'EST - I rischi concreti? Innanzitutto un incremento delle importazioni di cuccioli dall'Est, dove esistono vere e proprie «fabbriche» dei pet, che sfornano cucciolate a ripetizione in spregio alle norme igienico-sanitarie e all'etica che fa sì che un buon allevatore lavori soprattutto sulla selezione e sulla qualità, piuttosto che sulla quantità. Il fenomeno è noto e non riguarda solo gli Akita: i cuccioli vengono strappati alle madri quando sono ancora troppo giovani, non vengono vaccinati adeguatamente, non vengono fatti socializzare e, per il trasporto, vengono stipati in condizioni pietose nei bagagliai di automobili che attraversano l'Europa fino a raggiungere le mete di smercio, ovvero i Paesi più ricchi, come appunto l'Italia, dove si trovano molti possibili acquirenti per cani di razza - o pseudotali, visto che l'albero genealogico non è garantito - venduti al mercato nero ad un costo inferiore rispetto a quello praticato dagli allevatori professionisti e in regola con norme e procedure. Il timore della Saki è che ora dall'Est si registri una vera e propria invasione di Akita, batterie di animali prodotti in serie, giusto per assecondare il prevedibile aumento della domanda. E per fortuna il film è uscito il 30 dicembre, a Natale ormai passato, scongiurando così il rischio che tanti piccoli Hachiko comparissero magicamente sotto l'albero di centinaia o migliaia di famiglie italiane.

«MA NON E' PER TUTTI» - Il pericolo, però, non arriva solo dall'Est: anche in Italia potrebbero essere in molti a farsi tentare dall'idea di una produzione intensiva di cuccioli, con accoppiamenti incontrollati o effettuati senza troppe remore, approfittando del momento favorevole per la vendita di questa razza. Il che, tuttavia, finirà con l'avere pesanti conseguenze. E questo, secondo Saki, accadrà «quando tanti si accorgeranno che l'Akita non è un cane da compagnia per tutti, quando inizieranno ad avere problemi con il loro animale persone che non sono capaci di gestire un cane nè tanto meno un Akita». Il risultato? «Li inizieremo a vedere nelle nostre strade e nei nostri canili». Perché il film è bello e commovente e la sceneggiatura appassionante. Tuttavia, fanno notare alla Saki, «mette in luce solo le meravigliose caratteristiche di questa splendida razza, ma non fa cenno a quelle peculiarità caratteriali che fanno dell'Akita un cane fiero e, sulla scia della moda, non avremo più futuri proprietari che quando cercheranno un cucciolo avranno già letto tutta la storia della razza, ma lo desidereranno semplicemente per moda». Per scongiurare tutto questo, i membri di Saki stanno organizzando presidi all'esterno delle sale in cui viene proiettato il film, distribuendo agli spettatori opuscoli informativi che spiegano cosa sia esattamente un Akita e perché non sia un cane adatto a chiunque.


«L'AMORE NON SI COMPRA» - In ogni caso la storia di Hachiko è esemplare ed è il motivo per cui la Lega del Cane ha deciso di farne un simbolo di quanto affetto, dedizione e fedeltà vengono mostrati all'uomo dagli amici a quattrozampe. «In questo modo - spiega Daniela Bellon, dell'ufficio stampa dell'associazione - si riesce ad entrare nel cuore di quelle persone che magari da molto tempo vorrebbero adottare un cane, ma sono frenate dal pensiero di come possono gestire l’animale. Per questo motivo siamo stati felici di dare il suo patrocinio a questo commovente film, perché vogliamo ricordare che Hachiko è il simbolo di tutti i cani del mondo e non di una razza particolare, è il simbolo di un essere senziente che dobbiamo rispettare per la sua straordinaria capacità di dare senza chiedere. E’ la dimostrazione che l’amore non si compra, ma si costruisce insieme giorno per giorno».

Alessandro Sala
04 gennaio 2010(ultima modifica: 06 gennaio 2010


corriere.it






una notizia che non avrei MAI voluto vedere pubblicata



Spuntarono le prime stelle. Non sapeva che si chiamava Rigel, ma la vide. E sapeva che presto sarebbero spuntate tutte e che ci sarebbero stati tutti i suoi amici lontani. "Anche il pesce è mio amico"disse ad alta voce. "Non ho mai visto e mai sentito parlare di un pesce simile. Ma devo ucciderlo. Sono contento che non dobbiamo cercare di uccidere le stelle". Pensa se ogni giorno un uomo dovesse cercare di uccidere la luna, pensò. La luna scappa. Ma pensa se ogni giorno uno dovesse cercare di uccidere il sole...siamo nati fortunati, pensò. Poi gli dispiacque che il grosso pesce non avesse nulla da mangiare e il dispiacere non indebolì mai la decisione di ucciderlo. A quanta gente farà da cibo, pensò. Ma sono degni di mangiarlo? No, no di certo. Non c'è nessuno degno di mangiarlo, con questo suo nobile contegno e questa sua grande dignità.
Non capisco queste cose, pensò. Ma è una fortuna che non dobbiamo cercare di uccidere il sole o la luna o le stelle.

Basta già vivere sul mare e uccidere i nostri veri fratelli.
E. Hemingway, "Il vecchio e il mare"



Quando brillava il vespero vermiglio,
e il cipresso parea oro, oro fino,
la madre disse al piccoletto figlio:
"Così fatto è lassù tutto un giardino".
Il bimbo dorme e sogna i rami d'oro,
gli alberi d'oro, le foreste d'oro,
mentre il cipresso nella notte nera
scagliasi al vento, piange alla bufera
Giovanni Pascoli



Da bambino volevo guarire i ciliegi
quando, rossi di frutti, li credevo feriti
la salute per me li aveva lasciati
coi fiori di neve che avevan perduti...
e un sogno fu un sogno ma non durò poco
per questo giurai che avrei fatto il dottore
e non per un Dio ma nemmeno per gioco,
perchè i ciliegi tornassero in fiore,
perchè i ciliegi tornassero in fiore
F. de Andrè