00 04/06/2009 22:16
QUANDO LA BESTIA
SI CHIAMA UOMO
Violenze. Abbandoni. Incuria. Commerci illegali. In Italia si moltiplicano i casi di maltrattamento degli animali. Spesso nella indifferenza delle istituzioni.


1 giugno 2009 - L’articolo di Riccardo Bocca sul sito de L’Espresso. E il video

Non ci sono parole. C'è il delirio di 120 cani che abbaiano disperatamente. C'è la distesa di feci e urine attorno a queste bestie. C'è il tanfo dell'acqua putrida dentro abbeveratoi che grondano muffa. C'è la pena per il lupo e i bastardini che saltellano allucinati, roteando su se stessi con lo sguardo fisso. Questo si trova nel canile privato D.a.c. di Crispiano, 13 mila abitanti alle porte di Taranto.

Un quadro che gli attivisti Lav (Lega anti vivisezione) denunciano dal 2006: «L'unica alienante prospettiva visuale, per gli animali, è l'opprimente muro perimetrale», hanno scritto alla Procura. Hanno segnalato anche «la totale e ininterrotta costrizione in cattività, in spazi estremamente squallidi e angusti». Eppure non è servito. I magistrati non hanno ritenuto di procedere, e per la Asl locale il caso non esiste. Così si è andati avanti.

Con un dettaglio incredibile: il trasferimento in furgone, per 800 infiniti chilometri, di molte bestie imprigionate a Crispiano dentro un canile in provincia di Reggio Emilia, dove il titolare Claudio Balugani conferma il meccanismo. Anche se un documento della Regione Puglia, firmato dall?assessore alle Politiche della salute, specifica che «gli animali non possono essere ospitati in rifugi fuori dalla Regione». Anche se è una storia triste, e dolorosa per i cani che la devono subire. «La parola tabù è maltrattamento», commenta Maria Rosaria Esposito, fondatrice del Nirda (Nucleo investigativo forestale per i reati in danno agli animali): «Gli italiani si dichiarano grandi amici delle bestie, ma troppo spesso le trascurano. Le umiliano. Le trattano come oggetti e non esitano a sfruttarle: negli allevamenti, nei canili e anche in zoo e circhi che violano le regole».

Dal 2006 a oggi, non a caso, le indagini della Forestale hanno portato alla denuncia di 137 persone e a 5 .849 sequestri tra cani (3.635), gatti (760) e altri animali. Interventi realizzati grazie alla legge del 2004, sottolinea Esposito, che punisce con severe multe e il carcere (dai 3 ai 18 mesi) «chiunque sevizi o provochi, per crudeltà o senza necessità, la morte di un animale». Un buon deterrente, sulla carta. E altrettanto suggestivo, a livello internazionale, è il Trattato di Lisbona del dicembre 2007, in cui si dice che «l'Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali». Poi però c'è la quotidianità, fatta di canili come quello di Crispiano. O quello di Campobasso, dove i consulenti della Procura hanno trovato in un sopralluogo «pessime condizioni igienico-sanitarie, giacigli sporchi, acqua insufficiente » e bestie «con lesioni cutanee». Per non parlare del randagismo e dei maltrattamenti legati alle sue cause occulte.

«Perché la gente, a ragione, resta turbata quando i branchi di cani attaccano l'uomo», spiega l'ausiliario di polizia giudiziaria Bruno Mei Tomasi, presidente dell'Anta (Associazione nazionale tutela animali): «Ma l'abbandono di queste bestie non è casuale: alle spalle c'è un business da un miliardo e mezzo di euro». Un affare, testimonia Mei Tomasi, gestito silenziosamente da canili privati del Centrosud: «Lager indecenti che catturano gli animali (ottenendo dai Comuni tra i 2 ai 5 euro al giorno per il mantenimento), li fanno riprodurre in condizioni pietose, e liberano i nuovi nati per poterli riacciuffare».

Tutto senza problemi, da anni. In un clima generale che non si scompone per gli abusi sugli animali. Anzi: li tollera e sottovaluta, dicono le associazioni ambientaliste, «soprattutto nelle aree agricole dove le bestie sono strumenti di lavoro e profitto, e più in generale in provincia». Il 7 maggio, per esempio, sono stati uccisi a bastonate vicino a Perugia (Umbertide) quattro gattini con la madre, scaraventati nel giardino della signora che li accudiva. Tre giorni prima a Villa del Bosco, Biella, un uomo di 47 anni ha decapitato a colpi d'ascia un barboncino perché «creava ansia» alla fidanzata. Ma non è finita. Il 27 marzo, in provincia di Pordenone, una coppia di ventiduenni ha cercato di accoppiare un meticcio a un dobermann. E quando la bestia si è rifiutata, i ragazzi l'hanno massacrata con una stanga di ferro, attaccando la carcassa a un montacarichi e filmando la scena con il cellulare.

«Il tragitto è lungo, perché gli italiani imparino a rispettare gli animali», ammette il sottosegretario alla Salute Francesca Martini (Lega). Più in generale, «è la società occidentale a essere anti-animalista », sostiene Valerio Pocar, docente di Sociologia del diritto all'università di Milano- Bicocca (nonché autore per Laterza del saggio ?Gli animali non umani?): «Si infierisce sulle bestie in quanto esseri inferiori», dice, «ed è uno schema riproposto nelle relazioni umane». Il risultato è che un pastore lodigiano, transitando con il gregge per la sua città, ha trovato naturale scaricare un agnello vivo nel cassonetto, perché non riusciva a tenere il passo. E con la stessa disinvoltura, un signore della provincia barese ha imprigionato il suo daino in un recinto di 30 metri quadri, ai bordi della provinciale, lasciandolo senza riparo dalla pioggia e il sole fino allo stremo (condanna a 5 mila euro di multa).

«Anche se attenzione», avvertono i forestali, «un conto sono le barbarie dei singoli cittadini, per quanto gravi, gravissime, un altro gli abusi reiterati dei commercianti». A cosa alludano, gli investigatori si capisce parlando con Alessandro, 36 anni, diploma di liceo scientifico, professione importatore clandestino di animali di razza. La sua attività, racconta senza imbarazzi, consiste nel trasferire cuccioli di cani, uccelli e quant'altro dai paesi dell'Est («Romania, soprattutto, ma anche Sl.ovenia e Polonia») stipandoli dentro il doppio fondo del suo furgoncino, e vendendoli a negozianti e privati. «Un sistema rodato e molto diffuso», sorride. Certo, ammette, «un buon 20 per cento delle bestie non sopporta il viaggio, le trovo morte all'arrivo». E un'altra buona percentuale, aggiungono gli animalisti, muore nel periodo successivo, infestata da parassiti intestinali, cimurro e patologie ereditarie.