Scusatemi se apro questo thread così lacrimoso…
E’ stato due mesi fa. A quest’ora esatta.
Due mesi fa il mio lupo, il mio cane che non era solo un cane, il mio migliore amico, il mio grande amore, la mia vita stessa… se ne andava, oltretutto spinto da me. Soltanto due mesi. Mi sembra che siano due secoli. Sì. E’ stato due secoli fa.
Credevo che le cose sarebbero state più facili… il mio obiettivo era quello di dargli una casa, di essere buona con lui, di vederlo felice di vivere, e di regalargli una morte fuori da ogni gabbia. Bhè, esauditi questi desideri credevo che mi sarei sentita a posto; triste forse, ma non tormentata.
Non è così, forse perché è successa una cosa che non mi aspettavo: Akela mi ha amato sul serio, mi ha voluto bene oltre ogni limite e io non mi aspettavo che lui potesse voler tanto bene a un essere umano. A me, poi. Uno si sente investito da una quantità d’amore gigantesca ed assurda, da un cane che gli uomini li aveva solo odiati… bhè, quando succede ti senti spiazzato.
E poi non avevo tenuto in conto, nei miei bei progetti, della sofferenza legata alla morte. Già: ho dovuto vederlo soffrire e pure tanto, senza che i medici capissero un’acca. E’ stato tremendo, anche se so che tutto era naturale, che tutto era nell’ordine delle cose… è stato bruttissimo, io che non potevo trovare il coraggio di fargli mezza puntura e che avrei l’ardire di sognare di diventare veterinario, proprio io ho dovuto vederlo soffrire, ho dovuto sentirlo non respirare, ho dovuto vedere lastre ed esami che immancabilmente corrispondevano ad un cane perfettamente sano, non ad Akela… ho provato l’impotenza di un medico quando non capisce, nello stesso istante in cui ho provato la rabbia di un padrone che se la prende coi medici che non capiscono.
E ho deciso di dire basta. Non poteva guarire, poteva solo peggiorare. Tumore ai polmoni comparso magicamente in una settimana, ma non solo quello, credo. Aveva male da mille altre parti… chissà da quanto si portava in giro metastasi. Basta, dunque. E su quel tavolino su cui lui si era divertito, in quella stanza in cui aveva giocato con cuccioli e umani, l’ho stretto forte a me chiedendo, pretendendo per lui che stava morendo e soffrendo atrocemente quella che viene chiamata la morte dolce… quella che è, a tutti gli effetti una morte dolce. E non ho saputo dirgli altro che una frase ripetuta più volte in un libro che avevo appena letto e che molti di voi conoscono… “Mentre lasci questa terra e questo cielo ricordati che non sei solo…”
Dunque… ancora adesso, il mio pensiero continua a correre verso di lui. Io mi chiedo… è normale? È stato il mio primo cane. Lo avevo solo da due anni. Lo ho potuto tenere con me soltanto per due anni, e mi sono sembrati due giorni. Aky era speciale? Era, come mi ha detto qualcuno, il mio “spirito guida”? Un capostipite, un’anima indissolubilmente legata alla mia oppure… oppure sarà sempre così, per tutti? Si soffre così, quando viene a mancare un animale che è stato nostro? Credevo di saperlo… credevo di sapere cosa si prova quando muore un cane… al canile l’ho provato… ma è tutto diverso quando il cane è tuo. Ti senti responsabile… e ti manca. Perché mi manca così tanto??? Come fanno quelli che tengono un cane e un gatto per quindici anni e poi muore? Soffrono tanto più di me? “L’amore non si misura in anni” ha detto una mia cara amica… sì… d’accordo… è anche vero che io ho avuto Aky solo per due anni, ma che lo conoscevo da otto…
Ho continuato. Bisogna continuare, tutto continua. Ho continuato e portato a termine i progetti che avevo fatto per me e per lui. Ho riesaminato da ogni aspetto la mia “vocazione” alla medicina veterinaria e ho riscoperto di averla. Anche se ci sono stati degli errori… sia miei che dei medici, farò in modo che non si ripetano, non in mia presenza. E ho lasciato che un’altra cagnetta raccogliesse la sua eredità e seguisse le sue impronte. Mi ha detto lui a chi era destinata la sua felicità. Io ho soltanto obbedito, e ho preso un altro cane spaventato, picchiato, solo e triste come lo era stato lui. Ma un cane che nello stesso tempo è profondamente e prepotentemente diverso da lui. Fortunatamente… Tutto va avanti, dunque, forse soffrirò ancora di più quando mi lascerà lei e allora un terzo cane riceverà il mio amore e tutto ciò che posso offrire come eredità… ma… davvero è sempre così? Davvero è sempre così tremendo stare a contatto con l’indifferenza e la cattiveria della gente quando perdi chi hai di più caro al mondo? Succederà sempre?
Smetterò, forse, un giorno, di contare i mesi vissuti senza di lui?
E' normale che il mio pensiero lo rincorra, sempre?
Spuntarono le prime stelle. Non sapeva che si chiamava Rigel, ma la vide. E sapeva che presto sarebbero spuntate tutte e che ci sarebbero stati tutti i suoi amici lontani. "Anche il pesce è mio amico"disse ad alta voce. "Non ho mai visto e mai sentito parlare di un pesce simile. Ma devo ucciderlo. Sono contento che non dobbiamo cercare di uccidere le stelle". Pensa se ogni giorno un uomo dovesse cercare di uccidere la luna, pensò. La luna scappa. Ma pensa se ogni giorno uno dovesse cercare di uccidere il sole...siamo nati fortunati, pensò. Poi gli dispiacque che il grosso pesce non avesse nulla da mangiare e il dispiacere non indebolì mai la decisione di ucciderlo. A quanta gente farà da cibo, pensò. Ma sono degni di mangiarlo? No, no di certo. Non c'è nessuno degno di mangiarlo, con questo suo nobile contegno e questa sua grande dignità.
Non capisco queste cose, pensò. Ma è una fortuna che non dobbiamo cercare di uccidere il sole o la luna o le stelle.
Basta già vivere sul mare e uccidere i nostri veri fratelli.
E. Hemingway, "Il vecchio e il mare"
Quando brillava il vespero vermiglio,
e il cipresso parea oro, oro fino,
la madre disse al piccoletto figlio:
"Così fatto è lassù tutto un giardino".
Il bimbo dorme e sogna i rami d'oro,
gli alberi d'oro, le foreste d'oro,
mentre il cipresso nella notte nera
scagliasi al vento, piange alla bufera
Giovanni Pascoli
Da bambino volevo guarire i ciliegi
quando, rossi di frutti, li credevo feriti
la salute per me li aveva lasciati
coi fiori di neve che avevan perduti...
e un sogno fu un sogno ma non durò poco
per questo giurai che avrei fatto il dottore
e non per un Dio ma nemmeno per gioco,
perchè i ciliegi tornassero in fiore,
perchè i ciliegi tornassero in fiore
F. de Andrè